Vinicio Capossela
Feltrinelli

Il paese dei coppoloni è un libro intriso di storia e tramato di storie. Eppure non fa storie, né fa questione del meridione. Ma vola alto. La sua scrittura è mitica, nel senso di Eliot, non per l’oggetto, ma per il metodo che trasfigura anagrafi e sembianti e li associa in una lussureggiante foresta di simboli, grazie a una lingua non omologata ma ‘infangata nelle terra delle origini’. Una lingua ventosa. Portata dalle brezze ed ebbrezze d’Oriente e d’Occidente che soffiano sull’osso appenninico d’Italia. Il risultato è una scintillante operetta morale, un canto notturno di un suonatore errante, ondivago e ritornante come le balze e le controbalze ebbre d’aria di un’Irpinia abbacinata dai demoni meridiani.”
Marino Niola, la Repubblica

Capossela-il-paese-dei-coppoloni

“Come un moderno cantastorie, Capossela intreccia tradizioni e leggende con temi d’attualità, tracciando un affresco grandioso ed epico dei nostri tempi, dove la scrittura procede a suon di musica.”
Corriere del Mezzogiorno 

 

Tutto era materia. Lo spirito scappava.

“Da dove venite? A chi appartenete? Cosa andate cercando?” Così si chiede al viandante-narratore nelle terre dei padri. Il viandante procede con il passo dell’iniziato, lo sguardo affilato, la memoria popolata di storie. E le storie gli vengono incontro nelle vesti di figure, ciascuna portatrice di destino, che hanno il compito di ispirati accompagnatori.
Luoghi e personaggi suonano, con i loro “stortinomi”, immobili e mitici, immersi in un paesaggio umano e geografico che mescola il noto e l’ignoto. Scatozza “domatore di camion”, Mandarino “pascitore di uomini”, la Totara, Cazzariegghio, Pacchi Pacchi, Testadiuccello, Camoia, la Marescialla: ciascuno ragguaglia il viandante, ciascuno lo mette in guardia, ciascuno sembra custode di una verità che tanto più ci riguarda, quanto più è fuori dalla Storia. Il viandante deve misurarsi, insieme al lettore, con un patrimonio di saggezza che sembra aver abbandonato tutti quanti si muovono per sentieri e strade, sotto la luna, nella luce del meriggio, accompagnati dall’abbaiare dei cani.
E poi ci sono la musica e i musicanti. La musica da sposalizio, da canto a sonetto, la musica per uccidere il porco, la musica da ballo per cadere “sponzati come baccalà”, la musica da serenata, il lamento funebre, la musica rurale, da resa dei conti. Vinicio Capossela ha scritto un’opera memorabile in cui la realtà è visibile solo dietro il velo deformante di un senso grandioso, epico, dell’umana esistenza, di un passato che torna a popolare di misteri e splendori l’opacità del nostro caos.

Vinicio Capossela, Il paese dei coppoloni, Feltrinelli 2015.

Il paese dei coppoloni è candidato al Premio Strega 2015, presentato da Eva Cantarella e Gad Lerner: “Vinicio Capossela è un artista. Nasce dentro la musica ma è venuto esplorando un universo immenso che tocca la scrittura, lo spettacolo, la contaminazione delle culture. È anche uno scrittore vero e, se mai ne avessi voluto una conferma, la trovo a tutto tondo nel romanzo Il paese dei coppoloni…” Continua a leggere su gadlerner.it 

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